Come i media impongono l’agenda del dibattito pubblico.


Stasera a La7 ho assistito ad un dibattito nel quale imprenditori, giornalisti e sedicenti opinionisti sul reddito di cittadinanza.

La cosa più assurda è che dalle cose che si dicevano nessuno sapesse bene come funzionava la misura.
Ad un certo punto l’ imprenditore alberghiero sardo propone di dare il reddito alle aziende per formare i percettori (!!), scatenando l’indignazione addirittura della giornalista del Financial Times (non certo il Gramna) che giustamente ha dovuto ricordare che le forme di assistenzialismo per i cittadini più poveri sono una cosa civile e normale in tutta Europa. Una cosa è il sostegno alla povertà e un’altra sono le politiche attive per il lavoro.

Il punto più alto lo tocca la giornalista di La7 che sostiene che il reddito va cambiato e ridotto, soprattutto al sud perchè secondo lei sarebbero previste cifre troppo alte per le città come Napoli, Catania, Palermo e dovrebbero adeguarsi al costo della vita.
Siamo il paese d’Europa con salari bloccati da oltre 30 anni, nelle regioni del sud non esiste un piano di edilizia popolare, con la disoccupazione giovanile più alta d’Europa, con lavoratori che guadagnano anche 2-3 euro l’ora.

Chi decide che la priorità della discussione pubblica sia quella di abolire il Reddito di Cittadinanza?
Nella mia città, Napoli, in periferia un bilocale in affitto non si trova a meno di 400 euro al mese.
Con 780 euro al mese, che il massimo per un cittadino single, uno sarebbe ricco?
E’ davvero questa la priorità per i lavoratori italiani?
Sostenere chi non lavora in che modo danneggia chi lavora?
Da quando il lavoro lo crea la disoccupazione?
Il tema dell’occupazione non dovrebbe riguardare le politiche pubbliche di sviluppo di un paese democratico?

Lo sviluppo dell’automazione, la digitalizzazione e la transizione ecologica ci pongono di fronte a sfide davvero decisione per il futuro del mondo del lavoro.
Ridurre l’orario della giornata lavorativa, aumentare i salari e garantire un reddito minimo universale.

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