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Ondata di polemiche sul nuovo spot della Parmigiano Reggiano.

Nonostante qualcuno abbia provato a difendere la scelta “artistica” del regista ,pochi in realtà, in queste ore sono montate polemiche e dure critiche contro una frase che nel mercato del lavoro italiano, purtroppo, non può essere considerata di pura fantasia.
Questo dimostra che in questo paese una certa coscienza sulla totale mancanza di diritti e garanzie in molti settori del mondo del lavoro, comincia a farsi vedere.

 

 

Renatino, diventato gia un meme vivente grazie alla forza della rete, incarna il modello del dipendente modello per il capitalismo nostrano.

 

 


Basta scorrere i siti per le ricerche di lavoro on line o gli annunci che si trovano su LinkedIn per imbattersi con una certa facilità in richieste tipo: “si richiede voglia di lavorare” , “forti motivazioni e persone che non guardano l’orologio” ecc. ecc.
E mentre si offrono non ben specificate possibilità di crescita, si chiede oltre al sacrificio, gestione dello stress e voglia di lavorare, esperienza di almeno 2 anni nel settore. Non si capisce, però, quando si sia potuta maturare questa esperienza visto che tutti richiedono 2 anni di esperienza pregressa e cursus honorum che manco la buonanima di Stephen Hawking

Se poi dal lavoro precario indigeno si passa alle condizioni della forza lavoro migrante, la situazione è ben più tragica.
Non di rado le denunce dei sindacati di base portano alla luce situazioni al limite dell’umano, soprattutto nel settore dell’agricoltura. Braccianti che vivono nei campi dove lavorano, in situazioni di semischiavitù dove il lavoro 365 giorni su 365 non è per nulla una battuta da spot televisivo.

L’Italia è il paese europeo dove i salari sono fermi a oltre 30 anni fa, mentre il costo della vita è almeno triplicato.
Un paese nel quale un’intera generazione è stata bombardata per anni con la favola dell’ autoimprenditoria, la demonizzazione del posto fisso (manco fosse la peste) e l’idea che se non amavi il padrone tuo come e più di te stesso in te c’era qualcosa di sbagliato.
Dove il lavoro è un favore, una gentile concessione, un dono che il datore di lavoro fa ai suoi dipendenti.

Insomma non è certamente un argomento da prendere alla leggera.

Parmigiano Reggiano, visto anche il danno di immagine, ha prontamente diramato un comunicato nel quale chiede scusa per l’infelice scelta pubblicitaria.

Peccato che per anni di precariato, sfruttamento e lavoro sottopagato nessuno abbia ancora chiesto scusa a milioni di persone che da 30 anni a questa parte non vivono come Renatino, ma che sicuramente non sono felici del proprio lavoro (quando c’è) e del proprio salario.


Stasera a La7 ho assistito ad un dibattito nel quale imprenditori, giornalisti e sedicenti opinionisti sul reddito di cittadinanza.

La cosa più assurda è che dalle cose che si dicevano nessuno sapesse bene come funzionava la misura.
Ad un certo punto l’ imprenditore alberghiero sardo propone di dare il reddito alle aziende per formare i percettori (!!), scatenando l’indignazione addirittura della giornalista del Financial Times (non certo il Gramna) che giustamente ha dovuto ricordare che le forme di assistenzialismo per i cittadini più poveri sono una cosa civile e normale in tutta Europa. Una cosa è il sostegno alla povertà e un’altra sono le politiche attive per il lavoro.

Il punto più alto lo tocca la giornalista di La7 che sostiene che il reddito va cambiato e ridotto, soprattutto al sud perchè secondo lei sarebbero previste cifre troppo alte per le città come Napoli, Catania, Palermo e dovrebbero adeguarsi al costo della vita.
Siamo il paese d’Europa con salari bloccati da oltre 30 anni, nelle regioni del sud non esiste un piano di edilizia popolare, con la disoccupazione giovanile più alta d’Europa, con lavoratori che guadagnano anche 2-3 euro l’ora.

Chi decide che la priorità della discussione pubblica sia quella di abolire il Reddito di Cittadinanza?
Nella mia città, Napoli, in periferia un bilocale in affitto non si trova a meno di 400 euro al mese.
Con 780 euro al mese, che il massimo per un cittadino single, uno sarebbe ricco?
E’ davvero questa la priorità per i lavoratori italiani?
Sostenere chi non lavora in che modo danneggia chi lavora?
Da quando il lavoro lo crea la disoccupazione?
Il tema dell’occupazione non dovrebbe riguardare le politiche pubbliche di sviluppo di un paese democratico?

Lo sviluppo dell’automazione, la digitalizzazione e la transizione ecologica ci pongono di fronte a sfide davvero decisione per il futuro del mondo del lavoro.
Ridurre l’orario della giornata lavorativa, aumentare i salari e garantire un reddito minimo universale.